venerdì 1 aprile 2011

la paura del laico da La Civetta

Da La Civetta di Aprile (consultabile nella finestra qui sotto, anche a schermo intero), la recensione di La Paura del Laico di Roberto Escobar (no, non il narcotrafficante! Un docente di filosofia...)


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Non si scopre nulla, ormai, quando si osserva che la macchina comunicativa mediatica ha assunto il ruolo di strumento di potere principe, nell’era contemporanea. Strumento dall’efficacia sempre crescente le cui narrazioni, tanto vaste per numero e per molteplicità di varianti da risultare incalcolabili, sembrano tuttavia accorparsi intorno a una funzione dai confini indefiniti, appunto, ma comunque molto chiara: la decisione. L’etimo latino di decidere significa tagliare via, mozzare.
La decisione è, per tutti, il procedimento che elimina le opzioni inadeguate da ciò che, invece, viene eletto come il percorso da intraprendere. Nel momento sociale in cui siamo immersi, ormai universalmente – e per molti motivi – definito «la crisi», sono soprattutto i media ad operare ideologicamente la decisione. Per salvare la società dalla crisi, occorre decidere, separare da essa chi è dannoso, il responsabile della crisi stessa (interessante che la radice greca del termine crisi sia κρίνω, separare, appunto).
Qual è la misura secondo cui si crea una categoria che faccia da capro espiatorio per le condizioni economiche e sociali più misere? La paura.
Roberto Escobar – filosofo, critico cinematografico e docente di Filosofia politica e Analisi del linguaggio politico all’Università di Milano – individua in essa l’emozione che il nuovo potere ideologico strumentalizza, al fine di attivare una polarità che lo legittimi e lo rafforzi. In Italia assistiamo quotidianamente al racconto di una minaccia montante e subdola per la nostra convivenza, per la sicurezza delle nostre vite, per le nostre tradizioni. Una minaccia che verrebbe da fuori, ammantata di oscurità per non farsi riconoscere, costantemente sul punto di colpire e trionfante nell’infondere angoscia e disordine.
Non importa davvero che si tratti di terrorismo islamico, di un’ondata di immigrazione clandestina e criminale, della spietata concorrenza economica degli asiatici, del comunismo o di qualunque altra produzione simbolica. Occorre soprattutto che apra al vortice di urla giornalistiche e televisive un canale attraverso cui inoculare la paura nel pubblico. Perché, se al polo negativo sta la paura – e la paura dell’ignoto è quanto di più potente – un polo positivo che la contrasti diventa una sete che brucia le gole, un alimento necessario di cui il potere soltanto può farsi dispensatore. Il dispositivo è sempre dinamico e la sua efficienza la si misura nella capillarità estrema che ottiene: assistiamo dovunque e sempre di più al condizionamento e alle coercizioni che la paura ci provoca.
La stretta ideologica ne risulta più vigorosa, e con essa la legittimazione del potere che fa circolare il racconto e assume il ruolo di liberatore dalla paura. E noi, immobili di fronte al suo eroismo. Il discorso di Escobar si snoda, a contatto con i concetti di celebri filosofi e pensatori (tra gli altri: Foucault, Schmitt, Žižek, Canetti e Arendt), citando pubblicazioni giornalistiche e dichiarazioni pubbliche recenti e sezionando con bisturi affilato e critico le parole di Adriano Sofri, Giuliano Ferrara, Alberto Ronchey, Oriana Fallaci, Gianni Baget Bozzo e altri ancora.
Ne esce un’acuta analisi dell’attualità e del nostro ostinato atteggiamento che, nell’illusione di proteggerci con l’equivalenza tra diverso e nemico, miete certo delle vittime: noi stessi.

Roberto Escobar
La paura del laico
il Mulino
€ 10,00

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