giovedì 24 febbraio 2011

L’unità, fare corpo (parte II)


Rieccoci, con la seconda parte di L'unità, fare corpo, saggio comparso sul catalogo della mostra Volti della guerra. Le idee, gli uomini, la posa curata dalla Civica Raccolta d'Arte di Medole (MN). La prima parte è qui.



Accorpamento

Il movimento unificante che diventa unitario è la creazione di un corpo. Quando partecipa a tale creazione, ogni volta che entra a far parte di un gruppo, il singolo si accorpa, unirsi è accorparsi, fare corpo. Corpo è l’insieme degli organi, l’organismo, ciò sotto il cui nome e, quindi, comando stanno tutte le parti che solo insieme possono vivere, produrre, riprodurre. E corpo è il nome che diamo a un gruppo organizzato di singolarità: chiamiamo corpus una raccolta ragionata di opere; esiste il corpo docente, il corpo sanitario; il corpo tipicamente militare, infine. All’incontro di unità e guerra si situa il corpo. I corpi precedono la guerra, ne sono condizione essenziale. La guerra è affronto dinamico di identità in contrasto, una condizione politica spesso ritenuta fondamentale, sia pure in potenza. Carl Schmitt riduce le opposizioni di identità in contrasto alle categorie di amico e nemico, definendole come le condizioni di esistenza del campo politico.[i] Si va alla guerra fianco a fianco con l’amico per affrontare insieme il nemico. Ci si avvicina, si sta il più stretti possibile, quanto più compatti si riesce allo scopo di aumentare la propria forza d’urto e la propria resistenza alla forza altrui. Il timore di essere toccati, scalfiti nella propria incolumità avvicina così da avere e offrire sicurezza. Si fa corpo.[ii] Far corpo è unirsi, superare le differenze per essere uno, diventare identici. Accorparsi significa identificarsi, acquisire un corpo supremo che si costituisce intorno all’identificazione, al farsi dell’identità. Una guerra per l’unità è un incorporarsi dell’identità. In quanto la guerra civile è uno smembramento del corpo, il suo dividersi in membra – appunto – che si distruggono tra loro, in tanto il desiderio dell’unità nazionale è quello di creare un corpo unico, di addensare spiriti, tradizioni, speranze, vite. Corpi. E volti, i luoghi del riconoscimento dei corpi, vale a dire: i luoghi dell’identità.[iii]


[i] C. Schmitt, Le categorie del ‘politico’, il Mulino, Bologna 1972.
[ii] Canetti espone precisamente il timore che porta l’uomo a farsi massa, cfr. E. Canetti, Massa e potere, Adelphi, Milano 2009, p. 18: “Solo nella massa l’uomo può essere liberato dal timore d’essere toccato. Essa è l’unica situazione in cui tale timore si capovolge nel suo opposto. […] D’improvviso, poi, sembra che tutto accada all’interno di un unico corpo. Forse è questa una delle ragioni per cui la massa cerca di stringersi così fitta; essa vuole liberarsi il più compiutamente possibile dal timore dei singoli di essere toccati”.
[iii] Esempio evidente della coincidenza, nel volto, di riconoscimento e identità è l’identikit, la procedura con cui si cerca di ricreare il volto desiderato (di una persona ricercata) riproducendone i tratti somatici come ricordati dai testimoni. Quando costoro identificano ritratto e ricordo, si passa a distribuire il ritratto (ovvero il ricordo dei testimoni) perché chiunque possa reiterare il processo di identificazione.

martedì 22 febbraio 2011

L’unità, fare corpo (parte I)

Benvenuti...


Il primo post è la prima parte di un saggio comparso sul catalogo della mostra Volti della guerra. Le idee, gli uomini, la posa curata dalla Civica Raccolta d'Arte di Medole (MN). Un approccio al ripensamento di concetti quali unità e accorpamento.





Cosa significa unità? Essa è necessariamente unità di. Già questa è caratteristica peculiare, che precede la pur spontanea domanda: unità di che cosa? Nel primo e fondamentale movimento, quindi, c’è una molteplicità – ancora non importa quale – che si raccoglie, si unisce, appunto. E pluribus unum, da molti si genera l’uno.[i] Quella su come si definisca il prodotto di questa unità, su quali siano le sue qualità notevoli, è questione meno banale di quanto sembrerebbe in prima battuta. Se molti si incontrano per creare una singolarità, occorre capire cosa accada alle molteplicità. Il baratro aperto da questo interrogativo è lo stesso sul quale si affaccia da sempre la politica, senza riuscire a indagarne la profondità. Le qualità di ciascun ente individuale si sommano scomparendo, come in una simbolica fusione che dia vita a un nuovo singolo con qualità nuove anch’esse? O, piuttosto, ciascun individuo conserva la propria singolarità, tutte le differenze che lo distinguono e la loro collaborazione parallela costituirà l’essenza unitaria? I due esempi proposti sono soltanto i più semplici, certamente non esauriscono le infinite possibilità di formazione di un’unità. Il concetto chiave non è la natura del movimento ma il movimento stesso, che si condensa nel prodotto dell’unità – unità che, a tutti gli effetti, può essere nome sia del movimento sia del prodotto –. C’è un nome collettivo, tuttavia, che si riferisce specificamente al prodotto dell’unità (ai prodotti di unità diverse): corpo.[ii]



[i] Non è un caso che proprio questo sia il motto degli Stati Uniti d’America: stati individuali e singolari che si uniscono – al punto da affermarlo nel proprio nome – allo scopo di creare la nazione sovrana più potente del mondo.

[ii] Va oltre le intenzioni di questo testo un’analisi profonda del concetto di corpo, fonte vastissima di letteratura e pensiero; come riferimento per le riflessioni che seguono desidero rimandare almeno a J. Nancy, Corpus, Cronopio, Napoli 2007 e G. Deleuze, Cosa può un corpo?, Ombre corte, Verona 2007.